- Link all’articolo scientifico: C. Plescia & F. Zucchini (2021) Government alternation and proximity voting: how policy change opportunities shape electoral behaviour, West European Politics, (Honorable mention for the Klingemann prize)
L'ideologia conta quando le persone votano. Gli elettori tendono a votare per i partiti a cui si sentono ideologicamente vicini, lo mostrano diversi studi sul comportamento elettorale. Un’argomentazione semplice e di buon senso, che ultimamente è stata tuttavia mitigata. C’è un però, insomma. Studi recenti dimostrano che gli elettori sono in grado di anticipare le trattative post-elettorali tra i partiti (Kedar 2010, Duch 2010). Pertanto, al momento del voto, non necessariamente sosterranno sempre il partito più vicino alle proprie convinzioni politiche. Spesso, al contrario, gli elettori sceglieranno i partiti che mostrano buone probabilità di spostare l'intero governo verso la loro posizione politica preferita. Anche se sono partiti con posizioni più radicali rispetto alle proprie.
Non tutte le elezioni portano un cambiamento
Questo discorso ha senso solo quando un cambiamento di politiche è possibile dopo le elezioni. Non tutte le elezioni, infatti, portano a un cambio netto di governo. Anzi, il più delle volte, dopo le elezioni si verifica un'alternanza di governo solo parziale o addirittura non se ne verifica alcuna. La letteratura di politica comparata suggerisce che, quando il governo previsto è lo stesso o quasi rispetto al governo uscente, non è plausibile aspettarsi dopo le urne un cambiamento di politiche significativo (Tsebelis 2002) .
In uno uno studio congiunto della Statale di Milano e dell’Università di Vienna dimostriamo che, quando la possibilità di alternanza di governo è molto bassa, gli elettori non si impegnano in complicate valutazioni sull'esito della contrattazione post-elettorale fra partiti del futuro governo: votano più "semplicemente" per i partiti a cui si sentono ideologicamente vicini. Pertanto il peso del voto "ideologico", (proximity voting) sara massimo in contesti in cui è improbabile un cambiamento di politiche dopo le elezioni.
Test empirici: 91 elezioni, 28 Paesi
Per verificare quest’ipotesi, abbiamo adottato due strategie empiriche complementari. Da un lato ci siamo avvalsi dei dati delle survey comprese nel Comparative Study of Electoral System (CSES), che coprono un periodo di 20 anni. Comprendendo 91 elezioni in 28 Paesi, i dati del CSES permettono di sfruttare appieno la variazione a livello di contesto dell'alternanza di governo. Come variabile dipendente abbiamo considerato la scelta di voto autodichiarata dai rispondenti . Le principali variabili esplicative sono la probabilità di alternanza di governo e la vicinanza ideologica tra elettore e partito. Quest'ultima è misurata utilizzando l'autocollocazione e la collocazione del partito da parte del rispondente su una scala ideologica di 11 punti tra destra e sinistra.
Se “tanto non cambia nulla”, il voto è più ideologico
Come mostra la Figura 1, il peso stimato del voto di prossimità – ossia del voto attribuito al partito che “incarna” meglio le preferenze ideologiche del cittadino – è significativamente positivo nella maggior parte dei Paesi. In altre parole, minore è la distanza ideologica da un partito, maggiore è la probabilità che gli elettori votino per quel partito. Tuttavia, è anche evidente una notevole variazione del peso del voto di prossimità tra un'elezione e l'altra. Non solo tra Paesi diversi, anche all'interno di uno stesso Paese tra un'elezione e l'altra.
L'indagine empirica mostra che il peso del voto di prossimità è influenzato negativamente e significativamente dalla probabilità di alternanza di governo. Se si passa da nessuna alternanza a una piena alternanza possibile, l'impatto della prossimità sulla scelta di un partito diminuisce di circa il 12%. Questi risultati confermano l’ipotesi – valida per tutti i Paesi e per tutti i tempi – per cui la forza del voto di prossimità aumenta quando è improbabile un cambiamento politico dopo le elezioni. Se “tanto non cambia nulla”, il voto è più ideologico.

Austria e Germania come banco di prova
Un secondo test empirico è fornito da dati panel di Austria e Germania. Sebbene i dati CSES siano una fonte inestimabile per la comparazione , non forniscono informazioni sulle aspettative degli elettori riguardo il governo successivo alle elezioni. Quindi, quando si utilizzano i dati CSES si deve assumere che le aspettative di tutti gli elettori corrispondano alla realtà del Paese in cui vivono e che, di conseguenza, non vi siano differenze tra gli elettori in termini di alternanza di governo prevista. Per ovviare a questa limitazione dei dati CSES, lo studio si serve di indagini elettorali in cui gli intervistati vengono interrogati direttamente sull'alternanza di governo per verificare se i risultati ottenuti in precedenza siano o meno confermati. In altre parole, agli intervistati viene chiesto – prima delle elezioni – di valutare la probabilità che la coalizione in carica venga confermata dopo le elezioni. Così, questi dati permettono di misurare le aspettative sull'alternanza di governo direttamente a livello individuale nella serie di interviste pre-elettorali ; la scelta di voto viene misurata invece nella serie di interviste post-elettorale, in modo da poter corroborare meglio l'inferenza causale. La conclusione derivata dai dati CSES trova ulteriore conferma in questo test. Il voto di prossimità diminuisce quando l'alternanza di governo è una prospettiva probabile anche a livello individuale.
Voti più “estremi” per ovviare ai compromessi
I partiti al governo, di solito, sono costretti a scendere a compromessi per accogliere le piattaforme politiche degli altri partiti. Secondo le teorie del voto compensativo e orientato alle coalizioni, che abbiamo raggruppato nella categoria "approccio al voto orientato alle politiche", gli elettori– per compensare questa tendenza al compromesso dei sistemi consensuali – spesso non votano per i partiti a loro più vicini ma per altri più distanti (più estremisti, in un certo senso), così da spostare l'equilibrio finale del governo più vicino al loro punto ideale (Kedar 2010, Duch 2010).
Abbandonare il proprio partito costa fatica
Lo studio dimostra che – indipendentemente dal tipo di democrazia a cui appartengono, maggioritaria o consensuale – quando la probabilità percepita di un'alternanza di governo è molto piccola o nulla, gli elettori non sono incentivati a prendere la decisione (faticosa) di abbandonare il partito a loro più vicino. Al contrario, il voto non di prossimità (strategico) prevarrà quando le elezioni potrebbero davvero portare cambiamenti alle politiche attuali.
L’importanza di far percepire cambiamento
Da questa evidenza empirica si possono ricavare alcune importanti implicazioni. Lunghi periodi in cui non si prevede un'alternanza di governo inducono un comportamento di voto stabile, sempre basato sulla vicinanza ideologica. Qualunque sia l'esatta entità del cambiamento atteso delle politiche dagli elettori disposti a "lasciare" i partiti ideologicamente più vicini, la percezione che tale cambiamento sia molto probabile è sempre condizione necessaria perché "l'abbandono" dei partiti ideologicamente più vicini abbia luogo. Pertanto le percezioni degli elettori riguardo alla possibilità di cambiamento sono una posta in gioco cruciale di ogni campagna elettorale.