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- Matteo C.M. Casiraghi (2020), Weak, politicized, absent: The anti-mercenary norm in Italy and the United Kingdom 1805-2017, Journal of Global Security Studies.
“Le [armate] mercenarie e ausiliarie sono inutili e periculose: e se uno tiene lo stato suo fondato in sulle arme mercenarie, non starà mai fermo né sicuro; sono disunite, ambiziose, sanza disciplina, infedeli; […] La cagione di questo è che le non hanno altro amore né altra cagione che le tenga in campo, che uno poco di stipendio, il quale non è sufficiente a fare che voglino morire per te”.
Così Machiavelli descriveva le armate mercenarie che popolavano l’Italia nel XVI secolo. Nel corso della storia, altri pensatori, testimoni e politici eminenti hanno criticato aspramente chi vendeva i propri servizi militari su mercati nazionali e internazionali. Eppure la storia pullula di guerre e conflitti che hanno visto i mercenari come protagonisti sul campo di battaglia. Dalle avventure dei mercenari nell’antica Grecia che Senofonte descrive nell’Anabasi, alle imprese di capitani italiani come Francesco Sforza o Federigo da Montefeltro durante il Rinascimento, fino alle bande di mercenari europei che combattevano nelle guerre civili africane durante la Guerra Fredda.
Le compagnie militari private ai giorni nostri: Iraq e Afghanistan
Conflitti più recenti, inoltre, specie quelli in Iraq e Afghanistan nel nostro secolo, raccontano di una presenza intensa delle cosiddette ‘compagnie militari private’: imprese multinazionali che offrono ad attori statali e non una pletora di servizi militari o di sicurezza. Oggi tutti gli stati, con diverse forme e intensità, impiegano queste compagnie per svariati compiti: dalla protezione delle ambasciate ai combattimenti sul campo, dalla sicurezza sui mercantili al supporto per sofisticate operazioni anti-terrorismo.
La tensione tra le continue e aspre critiche contro i mercenari e il loro diffuso utilizzo in tempo di guerra è un tema affrontato in passato da diversi studiosi, ma le loro analisi forniscono spesso risposte incomplete e contradditorie. Esiste una forte “norma” sociale che ostacola il reclutamento di mercenari da parte degli stati? Se sì, quando è nata e come si è evoluta questa norma? Vige tuttora e riguarda le compagnie militari private odierne?
No ai mercenari: una norma sociale internazionale?
L’analisi di oltre 200 anni di dibattiti parlamentari in Italia e Inghilterra da inizio Ottocento a oggi – oltre ad altre fonti come le discussioni in commissione difesa e esteri, quotidiani nazionali e documenti dei partiti politici – mostra che la suddetta norma vive alterne fortune e diverse manifestazioni. Nel XIX secolo, gli stati europei consolidano il proprio monopolio sull’uso della forza, disarmando tutte le entità private e semi-private. In questo contesto si sviluppa una norma sociale contro i mercenari, considerati non a caso pericolosi per la sicurezza dello stato. Al consolidarsi di tale norma possono essere fatte risalire le invettive contro i mercenari che costellano i dibattiti dei politici inglesi e italiani durante tutto il secolo.
Quando poi Italia e Regno Unito reclutano armate mercenarie, politici e commentari cercano di nascondere o giustificare quella che è considerata a tutti gli effetti la trasgressione a una regola condivisa anche a livello internazionale. Trasgressione tuttavia non così rara e marginale. Entrambi gli stati, infatti, ricorrono all’uso di mercenari quando imperativi militari e politici lo richiedono. Il caso delle colonie è emblematico: sia il Regno Unito sia, in misura minore, l’Italia utilizzano largamente mercenari per le guerre coloniali e per la gestione militare dei propri possedimenti d’oltremare. Si viola la norma “sociale” per nascondere politicamente il proprio coinvolgimento negli affari coloniali, per non sovraccaricare gli eserciti nazionali e per ottenere vantaggi strategici.
La Guerra Fredda
Durante la Guerra Fredda gli attacchi morali ai mercenari continuano a costellare i dibattiti dei politici inglesi e italiani . Anche allora, però, pressanti esigenze politiche costringono gli stati a ricorrere alle tanto vituperate “truppe venderecce”, come le definiva Vittorio Alfieri nei suoi saggi politici. Nella battaglia globale contro il comunismo e l’espansionismo sovietico la Nato e tutto il blocco occidente incoraggiano e supportano l’impiego di mercenari in Africa, America Latina e Sud-Est asiatico per impedire che stati di recente decolonizzazione cadano nella sfera d’influenza sovietica. La norma finisce per conoscere un’interpretazione e applicazione molto politicizzata e poco coerente: da una parte non si perde occasione per esecrare i mercenari assoldati dai paesi comunisti e dal blocco sovietico, dall’altra si impiegano – e si pagano profumatamente – altri mercenari disposti ad opporsi ai primi.
Gli anni Novanta e i Duemila
Dopo il 1991, con l’emergere delle compagnie militari private, la norma decade definitivamente, fino a scomparire (quasi) del tutto. La necessità di evitare l’attenzione dei media verso conflitti come quello iracheno e afgano, l’abolizione quasi in tutta Europa della coscrizione obbligatoria – nonché la fiducia nelle soluzioni di mercato – spingono gli stati verso un massiccio impiego di imprese multinazionali in tutti i settori della sicurezza. Lo status di mercenari di queste imprese è indubbio. Ciò nonostante, dall’inizio degli anni Duemila anche gli attacchi morali contro le compagnie piano piano scompaiono dai dibattiti ufficiali e dalla carta stampata, riflettendo un deciso cambiamento nelle attitudini politiche verso i mercenari.
Il confronto tra il contenuto dei discorsi politici e gli effettivi comportamenti nel caso della norma sociale sui mercenari suggerisce una tipologia più generale, in cui incasellare le norme sociali di rilevanza internazionale. Gli stati – o altri attori, politici e non – possono ottemperare in maniera ortodossa a una norma e rivendicarne orgogliosamente il rispetto e i valori che rappresenta. In alternativa, possono non violare una norma, ma rimanere silenti al riguardo, come accade oggi circa il soccorso in mare. Di frequente, inutile negarlo, la marina militare italiana si lancia in operazioni di soccorso nel Mediterraneo che non vengono assolutamente pubblicizzate, dato il carattere controverso della norma per l’opinione pubblica italiana. Infine, quando le norme sono violate, gli attori responsabili delle violazioni possono giustificare o nascondere le proprie violazioni, riconoscendo pertanto almeno simbolicamente il valore morale della norma o al contrario non sentirsi in dovere di fornire alcuna spiegazione.