Prima o poi, l'emergenza coronavirus finirà. Prima o poi, la voglia di voltare pagina e di ritornare alla normalità si farà strada. Ma questa legittima aspirazione delle persone, delle famiglie e delle imprese non deve trasformarsi in amnesia per le istituzioni politiche, per le amministrazioni, per le organizzazioni internazionali. Con ogni probabilità l'Italia si ritroverà tra i paesi con il bilancio più pesante in termini di morti, di costi sociali ed economici, di stress per il sistema sanitario. Le ricerche scientifiche ci diranno quali farmaci e quali strategie epidemiologiche sono stati efficaci e quali no. Ma le precedenti emergenze sanitarie insegnano che l'impatto delle risorse mediche è fortemente influenzato dalle scelte compiute dai governi e dalle amministrazioni.
Perché valutare l’operato delle istituzioni
È fondamentale, per il nostro futuro biologico e civile, che tutte le strutture pubbliche coinvolte cerchino di capire le cause dei fallimenti e anche le ragioni dei successi. Questa valutazione è indispensabile per tre motivi:
1. Il riconoscimento degli errori è necessario per evitare che tragedie simili si ripetano. È facile profetizzare che situazioni di emergenza globale si ripresenteranno in un prossimo futuro. Come ci ricorda un articolo sulla Harvard Business Review, gli errori sono un patrimonio straordinariamente utile per l'analisi, soprattutto quando riguardano eventi rari. Nessuna emergenza è uguale a un’altra, anche perché, per fortuna, gli strumenti che la ricerca scientifica e l'avanzamento tecnologico mettono a disposizione dei policy makermigliorano continuamente. Ma nei fallimenti ci sono regolarità, patternricorrenti che devono essere identificati il più presto possibile perché siano corretti. I paesi asiatici che tra il 2002 e il 2003 hanno subito l’epidemia della Sars e hanno fatto tesoro delle sue dure lezioni sono riusciti a contenere gli effetti del coronavirus in modo più efficace di quelli alla loro prima esperienza con il problema.
2. Soprattutto per le organizzazioni pubbliche, non soggette direttamente ai feedback del mercato, la capacità di apprendere dagli errori è la linea di demarcazione tra management e burocrazia. Crozier coglie questo limite quando definisce la burocrazia come "un’organizzazione che non riesce a correggere il suo comportamento imparando dai suoi errori". L’assenza di questa capacità non si limita a lasciare le cose come stanno, ma moltiplica lo spreco di risorse nel futuro: “Se non misuri i risultati, non puoi distinguere i successi dai fallimenti. Se non distingui i successi, non puoi premiarli. Se non premi i successi, probabilmente stai premiando i fallimenti” (Osborne &, Gaebler 1992).
3. Per la qualità della sfera pubblica, l'identificazione e l'ammissione pubblica degli errori è anche il modo più efficace e veloce per dare alle vittime il riconoscimento dei costi subiti, che in questo caso riguardano i più preziosi dei beni: la vita, la salute, ma anche il lavoro, i profitti. Questo passaggio è fondamentale per ricucire le lacerazioni e la sfiducia di chi ritiene, a ragione, di avere subito danni evitabili. Credo si possa interpretare in questo senso l'appello della dottoressa del reparto di terapia intensiva di Tortona, intervistata il 27 marzo: “Queste cose chi governa se le deve ricordare. Deve tatuarsele”. L'oblio è cosa diversa dall'amnesia: a un certo punto, mettere una pietra sopra a eventi tragici è la condizione per la riconciliazione tra le vittime e chi non è riuscito a proteggerle in modo adeguato. Ma questo richiede un accertamento delle responsabilità con modalità civiche, diverse da quelle dell'autorità giudiziaria.
La finestra temporale per avviare un processo di valutazione pubblica che risponda a queste tre esigenze è molto stretta. Non appena la curva dei contagi inizierà a flettere, anche nella competizione politica, come in quella economica, gli imprenditori politici troveranno nelle scelte messe in atto dai governi spunti per ampliare il consenso: i partiti di maggioranza se ne attribuiranno i meriti, e quelli di opposizione ne denunceranno le colpe. Queste dinamiche sono necessarie in una democrazia. Ma non sono in alcun modo sufficienti per garantire che tragedie simili non si ripetano. Se fosse stata tutta una simulazione, come quelle che si fanno in altri paesi per le evacuazioni dopo atti di terrorismo, dove i morti sono comparse che alla fine si rialzano, dovremmo comunque interrogarci sul perché la simulazione sia andata così male. A maggior ragione lo dobbiamo fare dato che i morti sono veri, trattati al di sotto delle comuni aspettative sia da vivi, sia da cadaveri.
Tre cani da guardia
Nelle democrazie, un circuito della valutazione efficace dovrebbe reggersi su tre pilastri, spesso identificati come tre tipi di ‘cani da guardia’ (watchdog):
- un dibattito pubblico basato sul contributo del giornalismo d’inchiesta, delle organizzazioni civiche e dei network epistemici, cioè basati sulla condivisione di speciali competenze scientifiche (social accountability);
- strutture di valutazione interne alle singole amministrazioni, ma indipendenti e protette da speciali garanzie (internal audit);
- commissioni parlamentari sostenute dal lavoro di specifici istituti di ricerca e valutazione, in grado di dare concretezza e efficacia alla funzione di supervisione da parte del legislativo sull'operato dell'esecutivo, per renderlo accountable davanti ai cittadini elettori, che sono anche contribuenti, e che quindi finanziano le scelte dei governi anche quando non li hanno votati (oversight parlamentare).
Tornando al nostro paese, nell'emergenza in corso sono un esempio di cani da guardia civici i numerosi contributi con analisi e raccomandazioni pubblicati sui siti delle riviste scientifiche, delle associazioni accademiche (learned societies), dei gruppi pubblici su Facebook di fisici, statistici, epidemiologi, biologi. Rientrano in questo elenco anche iniziative quali il Forum Disuguaglianze e Diversità e l'Osservatorio Diritti, così come le inchieste e le testimonianze raccolte dai giornali, anche di provincia, e dai media vecchi e nuovi. Quanto comparirà su questo stesso sito potrà avere la funzione di cane da guardia.
Passando al secondo pilastro, l'audit interno, per trovare esempi di organizzazioni pubbliche che si autovalutano in modo credibile purtroppo occorre cercare fuori dall'Italia, perché la valutazione interna alle singole amministrazioni nel nostro paese è stata completamente distorta dall'obiettivo dell'assegnazione dei premi monetari in base alle cosiddette performance del personale. Così nel 2017, l'anno prima del crollo del ponte di Genova, le competenti strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno potuto dichiarare raggiunto al 100% l'obiettivo di “Impulso alla vigilanza tecnico-operativa della rete autostradale in concessione, monitoraggio della gestione economica e finanziaria delle concessionarie autostradali, gestione convenzionale degli investimenti e relazioni con le società” e incassare l’incentivo corrispondente (pari a 2.959.345 euro). Occorrerà verificare se è avvenuto lo stesso nelle strutture nazionali e regionali che hanno come compito garantire la preparazione dei sistemi sanitari in caso di epidemie, in un contesto che pure non era brillante, data la posizione dell'Italia nei ranking basati sull'Epidemic Preparedness Index (EPI) o sul Global Health Security (GHS) Index. Come dimostra il caso degli Stati Uniti, questi indici andranno rivisti, perché hanno dato troppi falsi eccellenti. Ma per quei paesi ad alto reddito collocati in posizioni medio-basse, quali l'Italia, qualche campanello d’allarme avrebbe dovuto suonare.
Il ruolo del parlamento: vigilare
Passiamo ora al terzo pilastro dell'accountability democratica, cioè dell’obbligo delle istituzioni di rispondere del proprio operato: la funzione di controllo esercitata dal parlamento sull'operato del governo. Come hanno spiegato i grandi studiosi del ruolo delle istituzioni legislative, questa funzione è fondamentale in una democrazia:
"Altrettanto importante dell’attività legislativa, è la vigile supervisione sull’esecutivo. La funzione informativa del Congresso deve essere favorita persino rispetto alla sua funzione legislativa. Il motivo è il fatto che l’unico popolo davvero auto-governato è il popolo che discute e interroga il suo esecutivo”, scriveva Woodrow Wilson.
Max Weber, in Parlamento e governo sosteneva che “.. (la competenza personale dei parlamentari) non può mai sostituire, per quanto riguarda il controllo amministrativo, la sistematica (e fatta sotto giuramento) audizione in contraddittorio di periti davanti ad una commissione parlamentare con la consulenza dei relativi funzionari competenti; soltanto questa audizione garantisce il controllo e la multilateralità dell'interrogatorio. Al Reichstag manca il diritto di fare ciò: esso è costituzionalmente condannato all'ottusità dilettantesca”.
Per fortuna, la condanna all’ottusità dilettantesca per molte iniziative del parlamento italiano non è il risultato di un vincolo costituzionale, come fu – nonostante le parole profetiche di Weber – per la Repubblica di Weimar. In Italia la situazione attuale è frutto della mancanza di competenze delle strutture serventi e di una serie di cattive pratiche dei politici, che hanno spesso trasformato le commissioni in accumuli di audizioni e documenti talmente sconclusionati che darebbero problemi anche a un programma di machine learning.
Questa volta, però, dovrebbe (e potrebbe) essere diverso, perché ricorrono circostanze eccezionali. La dichiarazione dello stato di emergenza – con la sospensione di importanti diritti personali e con l'esercito per le strade – ha già modificato i rapporti tra governo e parlamento. Del resto, come scrive Carl Schmitt, “sovrano è chi decide sullo stato di eccezione”. Per questo in molti paesi i parlamenti, anche quando hanno sospeso l'attività legislativa, hanno comunque approvato e implementato importanti strumenti di oversight, di controllo.
In secondo luogo, in questo caso gli errori e le inefficienze non sono il risultato di una deliberata sottomissione del bene pubblico a interessi di parte, come nei casi indagati dalle Commissioni di inchiesta sul ciclo dei rifiuti o sulle mafie, ma sono stati compiuti in buona fede. Quel che serve, dunque, non è individuare i colpevoli, compito di cui si farà carico la magistratura, ma evidenziare le lezioni che devono essere apprese e monitorare la loro applicazione. Considerando questo carattere non inquisitorio, lo strumento più adeguato sembra quello di una commissione bicamerale con finalità conoscitive. Se una sede di questo tipo riuscirà a individuare gli strumenti giusti, potrà contare sulla collaborazione e sul ‘candore’ dei testimoni, che una commissione di inchiesta con i poteri dell'autorità giudiziaria renderebbe improbabili.
Infine, questa volta non c’è una specificità negativa italiana: tutti i grandi paesi con cui ci confrontiamo registrano fallimenti molto simili ai nostri: incapacità di individuare e isolare i primi focolai, esposizione degli operatori in prima linea, carenza di presidi sanitari e attrezzature. Per questo l’orgoglio nazionale – al pari del disprezzo a priori – dovrebbero rimanere ai margini. E nella distribuzione su base territoriale dei successi e dei fallimenti, non emergono come determinanti gli orientamenti politici delle amministrazioni. Questo fornisce un qualche riparo dallo sfruttamento dell'indagine per puri fini elettorali.
Tuttavia, perché il lavoro di un’eventuale commissione conoscitiva bicamerale non si trasformi in inutile passerella con relativo accumulo di inutili documenti, occorre fare tesoro delle più importanti esperienze internazionali per quanto riguarda:
- le modalità di richiesta e di invio delle evidenze e delle proposte;
- l'impostazione delle audizioni;
- la riorganizzazione delle strutture cui compete la valutazione tecnica dei dati raccolti;
- la formulazione di specifiche clausole valutative da inserire nei singoli disegni di legge che saranno sottoposti all'approvazione del parlamento, in modo da facilitare, poi, una verifica puntuale.
Su questo, il parlamento italiano ha molto da imparare da quanto stanno facendo il parlamento francese, quello britannico e il Congresso americano. Chi studia i legislativi può dare una mano.