Link agli articoli scientifici:
Vegetti, F. (2019). The Political Nature of Ideological Polarization: The Case of Hungary. The ANNALS of the American Academy of Political and Social Science, 681(1), 78–96.
Vegetti, F., & Širinić, D. (2019). Left–Right Categorization and Perceptions of Party Ideologies. Political Behavior, 41(1), 257–280.
Posizione. Nel gergo della scienza politica, così come nelle conversazioni di tutti i giorni, si usa spesso questo termine per riferirsi alle preferenze di un attore politico. Quando si parla di “posizione della Lega sull'immigrazione”, per esempio, ci si riferisce all'insieme di politiche che questo partito propone per gestire il fenomeno dell'immigrazione. Il riferimento allo spazio, intrinseco alla nozione di posizione, permette di creare una rappresentazione intuitiva, seppure astratta, delle differenze e delle somiglianze tra attori politici.
Le posizioni politiche: questione di spazio e di percezione
Due partiti possono prospettare politiche molto diverse tra loro, e in tal caso verranno percepiti come “distanti” (per esempio Pd e Fratelli d'Italia), oppure possono optare per scelte simili e risultare “vicini” (come Lega e Forza Italia). Nella stragrande maggioranza delle democrazie Occidentali le posizioni di partiti e elettori sono rappresentate – non solo dagli studiosi, anche dagli stessi attori politici e dai media – sull’asse destra-sinistra.
Quando i cittadini votano per un partito perché lo percepiscono più vicino alla loro posizione nel divario tra destra e sinistra, tale comportamento viene definito voto ideologico: si presume che i cittadini scelgano il partito che percepiscono come il più affine alle loro preferenze politiche senza considerare altri aspetti (la competenza dei candidati o la probabilità che il partito votato ottenga seggi, ad esempio). Poiché in molti votano sulla base di questa percezione, diventa cruciale capire come essa prenda forma e quali fattori possono alterarla. Il modo in cui una percezione viene modificata non è (quasi) mai casuale.
“Se stai con me, sei simile a me”: le strategie comunicative vincono sulle proposte concrete
La percezione delle posizioni dei partiti può essere sistematicamente distorta rispetto all’effettivo contenuto dei programmi elettorali. Uno studio dedicato al comportamento elettorale in Ungheria (Vegetti, 2019) mostra come le differenze ideologiche tra partiti di destra e partiti di sinistra – percepite come enormi dai concittadini di Viktor Orbàn – non corrispondano ad altrettanto grandi divergenze programmatiche. In altre parole, il livello di polarizzazione percepito – che non ha pari in Europa – sarebbe di gran lunga maggiore rispetto quello che uno studioso potrebbe inferire da una disamina spassionata delle piattaforme elettorali dei partiti. I responsabili di questa distorsione percettiva sono due: il tipo di informazione fruita dagli elettori e le strategie competitive dei partiti stessi.
Dal 1990 – anno della prima elezione democratica dopo la dissoluzione del blocco Sovietico – fino al 2018, a Budapest non c'è mai stata una coalizione di governo che includesse sia partiti di destra che di sinistra. Quando i cittadini determinano le posizioni ideologiche dei partiti, prendono in considerazione le loro politiche, ma anche le loro strategie coalizionali. I partiti che stipulano alleanze tra loro (prima o dopo le elezioni poco importa) vengono percepiti come più simili di quanto non lo siano sulla base dei programmi elettorali.
Tra i magiari, la mancata presenza di coalizioni che travalicassero la linea di demarcazione tra destra e sinistra ha contribuito, nella storia politica recente, ad aumentare l'omogeneità percepita tra partiti all'interno dello stesso blocco ideologico, e ad amplificare la differenza percepita tra partiti che fanno riferimento a blocchi ideologici contrapposti.
Quando i partiti decidono di delegittimare gli avversari appartenenti al blocco opposto al proprio, questa distorsione si intensifica. Anche il sistema elettorale ungherese, prevalentemente maggioritario, incentiva i partiti a competere tra loro in modo molto aggressivo: gli atteggiamenti più diffusi sottolineano l'inadeguatezza dell'avversario a rappresentare la popolazione e paventano catastrofi nel caso di una sua vittoria elettorale.
Il risultato? Gli elettori percepiscono incompatibilità totale tra partiti di destra e sinistra, che si traduce in una percezione accentuata della distanza tra posizioni ideologiche dei partiti.
Destra e sinistra come categorie cognitive
Il caso ungherese mostra il rapporto fra le strategie dei partiti e le percezioni che i cittadini hanno delle loro collocazione sull’asse destra-sinistra, ma non indaga sui meccanismi cognitivi individuali che traducono l’informazione veicolata dai partiti in percezione. Un altro studio, però, (Vegetti e Širinić, 2019) suggerisce che un ruolo centrale, in questo senso, venga svolto dalla categorizzazione.
Per “categorizzazione” s’intende il processo tramite il quale la mente umana raggruppa e differenzia oggetti (fisici o astratti) sulla base della loro appartenenza a categorie predeterminate. Questo ci aiuta in due modi: da un lato ci permette di non confondere oggetti diversi tra loro, dall’altro ci consente di risparmiare risorse cognitive quando siamo di fronte a un oggetto appartenente a una categoria conosciuta.
Grazie alla categorizzazione possiamo riconoscere una mela in quanto tale a colpo d'occhio, senza ispezionarla in ogni dettaglio, e – allo stesso tempo – possiamo distinguerla con facilità da un’arancia. Per farci risparmiare energie cognitive, tuttavia, la categorizzazione produce una distorsione percettiva specifica: gli oggetti che sappiamo appartenere alla stessa categoria vengono percepiti come più simili tra loro di quanto non siano in realtà. Allo stesso modo, quando per noi due oggetti appartengono a categorie diverse, li percepiremo come più diversi.
In molti paesi, “destra” e “sinistra” sono etichette che non rimandano solo a porzioni dello spazio politico dove sono collocate diverse posizioni di policy: evocano anche l’esistenza di distinti gruppi di attori, siano essi partiti o cittadini. In quest'ultimo caso, destra e sinistra funzionano come vere e proprie categorie.
Mentre le posizioni politiche in senso stretto, disponendosi lungo una linea continua, possono essere molteplici e sfumate (una politica può essere per esempio di destra moderata o estrema), l'appartenenza a un gruppo è univoca e mutualmente esclusiva. Così l'appartenenza alla destra esclude automaticamente l'appartenenza alla sinistra.
Policy o categoria? A quale di queste accezioni richiamano le parole “destra” e “sinistra” nella maggioranza dei casi? Dipende dal contesto. In paesi come l'Ungheria e l'Italia – senza dubbio – destra e sinistra hanno una forte accezione di gruppo e vengono considerate spesso come categorie che si escludono a vicenda. In altri paesi, come ad esempio in Nord Europa, la componente “categoriale” è molto meno marcata: è più facile collocare le politiche lungo un continuum ideologico.
Una cosa è certa, però: dove destra e sinistra sono categorie esclusive, la polarizzazione degli elettori è maggiore. Lì i partiti “avversari” sono considerati ideologicamente più distanti tra loro di quanto essi non siano in realtà. Quando si tratta di influenzare le percezioni dei cittadini, lo stile retorico del dibattito conta più delle politiche concrete attuate dai partiti.