Link agli articoli scientifici:
- Ladini, R. (2020) The differentiated effects of direct mobilisation forms on turnout: Evidence from the 2013 Austrian 2013 Parliamentary Election. German Politics. Online early view.
- Ladini, R., e Vezzoni, C. (2019). An Email Won’t Get Me to the Ballot Box. Evidence from a «Get Out the Vote» Experiment in an Italian University Election. Comunicazione politica, 20(3), 321-344.
Per essere eletti ci vogliono voti e per ottenere dei voti occorre convincere i potenziali elettori. Ecco perché esistono le campagne elettorali, che – anche se secondo alcuni osservatori della politica sono ormai una condizione cronica e permanente della vita civile – si intensificano nelle settimane che precedono l’apertura dei seggi. E creano un punto di contatto tra partito ed elettore. Lo scopo principale delle campagne elettorali, però – com’è dimostrato da oltre settant’anni di ricerche in materia – non è tanto orientare il voto di qualcuno convincendolo della bontà delle proprie proposte, quanto piuttosto mobilitare chi è già incline a una determinata area politica e assicurarsi che si rechi alle urne per esercitare il suo diritto di voto. Il più grande nemico di ogni appuntamento elettorale è l’astensione. È importante smuovere più che covertire, coinvolgere più che conquistare. Sì, ma come? Un esperimento svolto all’Università di Trento durante le elezioni dei rappresentanti degli studenti fa riflettere sulle forme di mobilitazione più efficace.
Punti di contatto tra partiti ed elettori
A seconda della presenza o meno di una persona fisica che trasmetta il messaggio mobilitante, è possibile distinguere tra forme di contatto personali e impersonali. Il contatto faccia a faccia è la forma personale più classica: avviene quando un candidato visita un quartiere o il luogo di lavoro di potenziali elettori, ad esempio. Messaggi inviati via mail o sul telefonino, spot televisivi, campagne sui social network sono invece forme di mobilitazione impersonale. Con la proliferazione dei mezzi di comunicazione, anche le modalità di contatto tra partito ed elettore si sono moltiplicate, e il loro costo in alcuni casi si è ridotto. Ma alcune scelte si rivelano più efficaci di altre.
La teoria, tra occasioni e promemoria
Due teorie aspirano a spiegare la relazione tra forme di contatto durante la campagna elettorale e partecipazione al voto. Secondo la cosiddetta Social Occasion Theory – o teoria dell’evento sociale – è necessaria un’interazione sociale tra partito ed elettore per convincere quest’ultimo a recarsi alle urne, nel caso non ne avesse già l’intenzione. Per questo motivo, si presume che i contatti personali siano più efficaci rispetto a quelli impersonali.
La Noticeable Reminder Theory, invece – letteralmente “teoria del promemoria evidente” – ritiene che la condizione necessaria per convincere un elettore a votare, nel caso non ne fosse già intenzionato, sia quella di fargli ricordare l’appuntamento elettorale. Anche in questo caso, a seconda della forma attraverso cui viene veicolato, il messaggio può essere più o meno efficace: una forma di contatto personale tende a rimanere più impressa nella mente dell’individuo e di conseguenza ha una maggiore efficacia nel mobilitarlo.
Dall’inizio degli anni Duemila diversi studi – svolti soprattutto negli Stati Uniti, come gli esperimenti sul campo “Get out the vote!” , riportano evidenze empiriche a favore di entrambe le teorie. Le campagne elettorali americane, però, sono caratterizzate da un livello di professionalizzazione più alto rispetto alle campagne elettorali europee. Nel contesto europeo, peraltro, alcune tecniche di mobilitazione personale, come il contatto porta-a-porta, sono decisamente meno diffuse e potrebbero risultare invasive e avere un impatto più limitato sulla partecipazione al voto.
La pratica, tra costi e benefici
Un’indagine campionaria relativa alle elezioni parlamentari austriache di sette anni fa – l’Autnes Rolling Cross-Section Panel Study del 2013 – mostra che soltanto forme di contatto personale, come l’aver parlato con un membro di un partito o aver ricevuto la visita di un politico presso il luogo di lavoro o la propria abitazione, hanno ottenuto un effetto mobilitante.
In particolare il contatto personale ha indotto alla partecipazione elettorale gli individui più periferici, quelli di solito poco propensi a votare, riducendo le disuguaglianze nella partecipazione al voto. Al contrario forme di contatto impersonale – lettere o e-mail, chiamate telefoniche o sms, non hanno portato a un significativo incremento della partecipazione al voto.
Non c’è dubbio che per i partiti politici è molto più oneroso raggiungere personalmente l’elettore, sia dal punto di vista organizzativo sia da quello economico. Pertanto i partiti potrebbero comunque investire durante le campagne elettorali in forme di contatto impersonali, più convenienti per entrambi gli aspetti menzionati e capaci di raggiungere un maggior numero di elettori in meno tempo, se queste dimostrassero un certo livello di efficacia.
L’esperimento all’Università di Trento: quanto convince una mail?
Tra le forme di contatto impersonale più convenienti vi sono certamente quelle digitali. Per testare la loro efficacia durante le elezioni dei rappresentanti degli studenti dell’università di Trento svoltesi nel novembre 2014 – con tasso di partecipazione al voto uguale al 21,1 per cento degli oltre 16mila studenti aventi diritto. – è stato effettuato un esperimento inedito nel contesto italiano. In quell’occasione si è cercato di valutare l’effetto di mobilitazione di messaggi non di parte, inviati a studenti via mail per incoraggiarli a partecipare al voto. I destinatari erano gruppi randomizzati di studenti che ricevettero i messaggi dall’istituzione stessa, uno o cinque giorni prima delle elezioni. Nei messaggi si faceva leva sul dovere civico, sull’efficacia politica e sulla possibilità di determinare l’esito elettorale.
Un quarto degli studenti non ricevette alcuna mail. L’esito delle consultazioni – poco partecipate – e l’analisi dei dati raccolti mostrano che a prescindere dal contenuto e dal giorno di invio le mail non ebbero alcun impatto sull’affluenza alle urne.
Parola d’ordine: ridurre la distanza
Gli studi presentati rivelano come nelle campagne elettorali è il contatto personale a contare di più nel convincere gli elettori a votare. Sebbene rispetto all’epoca dei partiti di massa sia decisamente più complesso stabilire una relazione tra partito ed elettore, ai partiti conviene investire maggiormente in forme di contatto personale, soprattutto durante le campagne elettorali. Per risultare più efficaci anche le forme più impersonali dovrebbero contenere elementi che riducano la distanza tra partito ed elettore, ma il compito non è di certo tra i più semplici.